“Che ci siano gravissime criticità nel settore del riciclo è ben noto ma non è chiudendo gli impianti che queste si potranno superare: a essere danneggiati finirebbero per essere i cittadini, già costretti a pagare tariffe altissime per la gestione dei rifiuti”. Così Claudia Salvestrini, direttore generale del consorzio nazionale dei rifiuti dei beni in polietilene Polieco, intervenendo sulla chiusura degli impianti di riciclo, promossa dall’associazione dei riciclatori che chiedono azioni immediate contro la crisi di settore.
“Si faccia attenzione a non creare emergenze che potrebbero essere strumentalmente trasformate in opportunità per coloro che intendono ricorrere a scorciatoie come il ‘brucio’. Anche a Ecomondo, la più importante fiera sulla sostenibilità ambientale, l’incenerimento del css (combustibile solido secondario) è stato impropriamente presentato, da alcuni portatori di interessi industriali, come approccio green e come modello per superare la crisi del riciclo. Bisogna essere molto cauti – incalza Salvestrini – non vorrei che si sviluppassero dinamiche che pure in passato hanno preso il sopravvento: cavalcando le emergenze, si commettono le peggiori nefandezze indicando soluzioni apparentemente obbligate. Siamo certi che l’associazione dei riciclatori stia agendo a tutela del comparto ma non si sottovaluti il rischio concreto di creare alibi per quelle lobby che al riciclo meccanico preferiscono strade più comode e veloci”.
Esportazioni rifiuti
“Sono anni che lanciamo l’allarme sul riciclo a rischio, in tutti i tavoli istituzionali e pubblici abbiamo sempre invitato ad un’azione urgente per tutelare un settore esposto a pericolose minacce. Come consorzio Polieco però- ricostruisce il direttore generale- ci siamo ritrovati tante volte da soli a combattere contro le esportazioni dei nostri rifiuti all’estero, con la sottrazione di quantità ingenti di materiali che, al posto di essere destinati al riciclo, sono stati inviati in siti non idonei al loro trattamento quando non totalmente inesistenti. Il danno è stato notevole: non solo per il dumping ambientale subito con il ritorno di materia rigenerata di cattiva qualità a costi più bassi di quello prodotto secondo regole rispettose dell’ambiente e della sicurezza sui luoghi di lavoro ma anche per altre conseguenze indirette. Una per tutte: i flussi di rifiuti verso la Cina e le altre mete hanno evitato di incentivare una pianificazione industriale in grado di garantire un aumento delle capacità di riciclo nel nostro Paese. Si è prediletta la strada del commercio dei rifiuti a quella dell’effettivo riciclo e oggi paghiamo le conseguenze di una vision totalmente inadeguata dettata da logiche viziate di mercato. Un bubbone che prima o poi sarebbe scoppiato!”.
Plastic tax, Certificazioni ambientali e Acquisti verdi
“Se davvero si intende aiutare il comparto del riciclo, si deve smettere di fare le crociate contro la Plastic tax, la cui entrata in vigore, se non fosse stata continuamente rinviata, avrebbe già portato dei benefici al mercato dei manufatti realizzati con riciclato e poi bisogna mettere in campo azioni sempre più incisive: come Polieco, dal Green public procurement alle certificazioni ambientali, ci siamo attivati fin da subito per accompagnare le nostre imprese nell’ottenimento del Marchio Made green in Italy, avviando al contempo un percorso di sensibilizzazione della Pubblica Amministrazione sugli acquisti verdi. Di recente, con il Commissario ricostruzione post sisma sen. Guido Castelli e l’ Anac, abbiamo anche promosso un modello per ricostruire in modo trasparente, utilizzando materiali riciclati certificati, nel pieno rispetto dei Criteri Ambientali Minimi”.











