Il greenwashing, ovvero la strategia comunicativa adottata da aziende, istituzioni ed enti per occultare il loro impatto ambientale negativo, si sta evolvendo in forme sempre più sottili ostacolando di fatto la transizione ecologica. In questo contesto sarà presentato a Circonomia – il Festival dedicato a economia circolare e transizione ecologica in programma ad Alba dal 22 al 24 maggio 2025 – il Rapporto Greenwashing 2025 (allegato in fondo, ndr), che evidenzia le dinamiche di questa forma di disinformazione ambientale e denuncia la responsabilità di aziende e istituzioni nel promuovere una falsa immagine di sostenibilità.
“È paradossale ma persino comprensibile che tanto più aumenta la sensibilità diffusa sulle questioni riguardanti la sostenibilità, quanto più si diffondono casi di greenwashing – commenta Francesco Ferrante, uno degli organizzatori del Festival che ha curato il dossier – Le aziende vogliono utilizzare l’ambiente a fini di marketing e noi consumatori abbiamo solo un’arma a disposizione: la misurabilità degli sforzi sulla sostenibilità che vengono comunicati”.
Questa distorsione informativa ha infatti un impatto concreto e diretto sulla capacità dei cittadini di prendere decisioni consapevoli e, più in generale, sul buon esito delle politiche climatiche.
Nel tentativo di contrastare il dilagare delle pratiche di greenwashing, l’Unione Europea ha quindi intrapreso un percorso normativo ambizioso, promuovendo la trasparenza nelle dichiarazioni ambientali e tutelando i consumatori dalle pratiche ingannevoli. Il Green Deal europeo è il pilastro di questo sforzo, con l’obiettivo di rendere l’Europa il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050.
L’Unione Europea recentemente però è intervenuta con l’iniziativa cosiddetta “Stop the Clock“, parte del pacchetto Omnibus, che consente un alleggerimento di alcuni obblighi di rendicontazione e il rinvio dell’entrata in vigore di norme considerate fondamentali nel percorso verso una maggiore trasparenza ambientale. Questa decisione ha suscitato reazioni contrastanti: se da un lato queste semplificazioni alleggeriscono il carico degli obblighi burocratici, dall’altro rischia di indebolire la lotta al greenwashing riducendo la platea di imprese soggette a standard di trasparenza.
“Noi riteniamo – prosegue Ferrante – che non sia da demonizzare il tentativo di semplificare le norme che in effetti potevano essere troppo complicate specialmente per le piccole e medie imprese (infatti gli obblighi per quelle grandi e quotate in borsa sono rimasti immutati). Bisognerà sorvegliare affinché questo rallentamento non si trasformi in un liberi tutti che penalizzerebbe in primo luogo proprio le aziende più serie e trasparenti”.
Intanto Italia un ruolo importante è stato già assunto dall’Autorità garante del mercato e della concorrenza,la quale ha in alcuni casi sanzionato aziende che diffondevano slogan ingannevoli legati alla sostenibilità, i cosiddetti claim ambientali o verdi, diretti a suggerire o anche solo a evocare il minore o ridotto impatto ambientale del prodotto offerto.
Dal 2023 poi l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) ha istituito una Task Force contro il Greenwashing a supporto di operatori finanziari, autorità vigilanti e imprese per identificare e contrastare le informazioni ambientali fuorvianti. La novità che caratterizza questo impegno è nella natura stessa dell’istituto pubblico di ricerca, il primo a livello europeo a svolgere questo ruolo. La creazione della Task Force si fonda su ruolo istituzionale che ISPRA ricopre nell’ambito della finanza sostenibile.
greenwashing-1_compressed