Un nuovo studio affronta i danni causati dall’inquinamento atmosferico sul nostro corpo: problematiche già note in ambito scientifico, che vengono ulteriormente approfondite nella ricerca dell’Università di Zurigo (Uzh) pubblicata lo scorso 23 settembre da Jci Insight. Quando respiriamo per lungo tempo aria inquinata, il nostro metabolismo può modificarsi e, in ultima istanza, causare un aumento delle possibilità di sviluppo di obesità e diabete.
I ricercatori si sono concentrati sulle polveri sottili PM2.5, che ricordiamo sono le particelle minuscole (meno di 2,5 micrometri) dello smog urbano, che possono essere inalate in profondità dai nostri polmoni.
Lo studio – condotto da un gruppo di esperti guidato da Rengasamy Palanivel, ricercatore dalla Case Western Reserve University di Cleveland, e finanziato dai Nih (National Institutes of Health), la principale agenzia di ricerca biomedica degli Stati Uniti – aveva come obiettivo rilevare come l’esposizione a lungo termine agli inquinanti atmosferici fini influisca sulla regolazione degli zuccheri nel sangue e sul metabolismo sano.
Per effettuare la ricerca, gli esperti hanno esposto topi da laboratorio ad aria contenente PM2,5 concentrato. I topi sono stati tenuti in posizione per sei ore al giorno, cinque giorni alla settimana, una riproposizione della settimana tipo di un essere umano nelle aree urbane. Il risultato è che, dopo 24 settimane di esposizione, il corpo dei topi cambia. In particolare, peggiora il funzionamento del grasso bruno, quello “buono” che svolge un ruolo chiave nel bilancio energetico e nel metabolismo degli zuccheri, bruciando le calorie per produrre calore e mantenendo stabile la glicemia. Questo può portare a insulino-resistenza e malattie metaboliche.
I cambiamenti sono stati accompagnati da un aumento dell’accumulo di grasso, unito alla riduzione di mitocondri (le centrali energetiche delle cellule): il corpo dei topi diventa più pigro. Si riduce, poi, la capacità di usare il glucosio da parte dei topi e aumenta lo stress ossidativo, cioè l’infiammazione e i danni cellulari.
Il codice del Dna rimane uguale, quindi non sono i geni in sé a modificarsi, ma il modo in cui i geni vengono letti. L’accessibilità di alcuni geni risulta alterata, data la loro attivazione o disattivazione (il “rimodellamento della cromatina”) a seconda delle situazioni. Le colpevoli di questo processo sono due proteine, HDAC9 e KDM2B, che agiscono da freni epigenetici. Quando il livello di queste proteine aumenta, i geni che servono al grasso bruno per bruciare energia (zuccheri e grassi) vengono bloccati, mentre quelli che aiutano a difendersi dallo stress ossidativo si riducono. Questo vuol dire avere un metabolismo più lento, più infiammato e meno efficiente. Risultato: maggior rischio di ingrassare e di sviluppare diabete di tipo 2.
La possibilità che l’inquinamento atmosferico modifichi il nostro metabolismo in profondità, rappresenta un ulteriore esempio di come soprattutto le particelle più piccole possano avere gravi conseguenze, ancora poco conosciute e da cui è complicato difendersi.