Cop26, Greenpeace: “L’accordo è debole e l’obiettivo di 1,5° è appeso a un filo. Ma l’era del carbone è alla fine”

Così la direttrice esecutiva dell'ong ambientalista: "È un accordo debole e manca di coraggio. L’obiettivo di limitare il riscaldamento globale entro la soglia di 1,5°C è appeso a un filo ma è stato dato un chiaro segnale: l'era del carbone è agli sgoccioli e questo conta. Mentre si riconosce la necessità di tagliare in modo drastico le emissioni già in questo decennio, gli impegni sono stati però rimandati al prossimo anno. I giovani cresciuti con la crisi climatica non potranno tollerare altri rinvii. Perché dovrebbero quando lottano per il loro futuro?".

TOPSHOT - Britain's President for COP26 Alok Sharma (L) reacts as he makes his concluding remarks during the COP26 UN Climate Change Conference in Glasgow on November 13, 2021. (Photo by Paul ELLIS / AFP) (Photo by PAUL ELLIS/AFP via Getty Images)

In risposta alla conclusione della COP26 di Glasgow, Jennifer Morgan, direttrice esecutiva di Greenpeace International, ha dichiarato: «È un accordo debole e manca di coraggio. L’obiettivo di limitare il riscaldamento globale entro la soglia di 1,5°C è appeso a un filo ma è stato dato un chiaro segnale: l’era del carbone è agli sgoccioli e questo conta. Mentre si riconosce la necessità di tagliare in modo drastico le emissioni già in questo decennio, gli impegni sono stati però rimandati al prossimo anno. I giovani cresciuti con la crisi climatica non potranno tollerare altri rinvii. Perché dovrebbero quando lottano per il loro futuro?».

«Il vertice di Glasgow avrebbe dovuto impegnare i governi a ridurre le emissioni di gas serra per restare al di sotto di 1,5°C, ma non è andata così e nel 2022 dovranno tornare al tavolo dei negoziati con obiettivi più ambiziosi. Tutto quello che siamo riusciti a ottenere è stato solo grazie ai giovani, ai leader indigeni, agli attivisti e ai Paesi più esposti agli impatti della crisi climatica, che hanno strappato qualche impegno concesso a malincuore. Senza di loro, questi negoziati sarebbero stati un completo fallimento. Il nostro clima, un tempo stabile, è stato profondamente alterato, come dimostrano ogni giorno gli incendi, gli uragani, la siccità e la fusione dei ghiacciai. Il tempo è scaduto e per la nostra stessa sopravvivenza dobbiamo mobilitarci urgentemente con tutte le nostre forze affinché si ponga fine all’era dei combustibili fossili», continua Morgan.

«La COP26 ha fatto qualche progresso nell’adattamento ai cambiamenti climatici: i Paesi sviluppati hanno finalmente cominciato ad ascoltare le richieste dei Paesi in via di sviluppo, aumentando i finanziamenti necessari per affrontare l’aumento delle temperature. È stato riconosciuto che i Paesi più vulnerabili stanno già subendo perdite e danni reali a causa della crisi climatica, ma quel che è stato promesso non si avvicina neppure a ciò che sarebbe necessario. Questo problema deve essere in cima all’agenda dei Paesi sviluppati alla COP che l’anno prossimo si terrà in Egitto», continua Morgan.

«La parte del testo sull’eliminazione graduale del carbone e dei sussidi ai combustibili fossili è un debole compromesso, ma si tratta comunque di un passo avanti, e l’attenzione data alla necessità di una transizione equa è essenziale. La richiesta di ridurre le emissioni del 45% entro la fine di questo decennio è in linea con ciò che occorre fare per rimanere al di sotto di 1,5°C e questo accordo riconosce la scienza. Ma dovrà essere implementato», continua Morgan.

«La truffa delle compensazioni delle emissioni viene purtroppo agevolata dall’accordo di Glasgow, con la creazione di nuove e intollerabili scappatoie che mettono in pericolo la natura, i popoli indigeni e l’obiettivo stesso di limitare le temperature a 1,5°C. Il segretario generale delle Nazioni Unite ha annunciato che un gruppo di esperti esaminerà il mercato delle misure di compensazione, ma resta ancora molto lavoro da fare per porre fine al greenwashing e agli imbrogli che avvantaggiano i grandi inquinatori», conclude Morgan.