“Non lasciare indietro nessuno”, il report EEA su resilienza climatica e disuguaglianze

Un nuovo rapporto dell'Agenzia Europea dell'Ambiente denuncia come le fasce più esposte della popolazione, nonostante siano le più colpite dagli effetti del cambiamento climatico, siano spesso escluse dai piani di adattamento. Il documento evidenzia lacune nella pianificazione e propone azioni concrete per integrare giustizia sociale a tutti i livelli, dal locale all'europeo

Resilienza climatica Europa

Nel rapporto dell’Agenzia Europea dell’Ambiente (EEA) intitolato “Social fairness in preparing for climate change: how just resilience can benefit communities across Europe” si descrive come l’Europa stia sperimentando un riscaldamento climatico più rapido rispetto ad altri continenti, con impatti che ricadono in modo diseguale sulla popolazione. L’analisi mette in risalto il principio della giustizia sociale come elemento chiave per un adattamento climatico realmente efficace, ma sottolinea che nelle pratiche correnti tale principio risulta spesso trascurato nei processi decisionali e nell’implementazione delle misure.

Vulnerabilità e rischi diseguali

Il documento richiama l’attenzione sul fatto che ondate di calore, inondazioni, periodi di siccità e rincari dei costi di beni essenziali colpiscono in misura maggiore chi si trova in condizione di fragilità economica o sociale. Le famiglie con risorse limitate abitano abitazioni prive di adeguata protezione dal calore o dai fenomeni meteorologici estremi; i minori risultano più esposti a temperature elevate e qualità dell’aria compromessa, soprattutto in aree urbane con carenza di spazi verdi; le persone con disabilità incontrano ostacoli durante le fasi di evacuazione e ripresa dalle emergenze; i lavoratori all’aperto, frequentemente migranti nei settori agricolo e dei trasporti, subiscono in prima persona il peggioramento delle condizioni climatiche; chi dispone di risorse ridotte fatica a sostenere interventi di prevenzione o assicurazioni e soffre maggiormente gli aumenti di prezzi di alimenti e utenze; infine, minoranze etniche e popolazioni indigene spesso non trovano adeguata rappresentanza nei processi di pianificazione e non hanno facile accesso ai sostegni previsti. Questa disomogenea distribuzione di rischi e benefici rende evidente la necessità di considerare l’equità come criterio guida nella definizione delle misure.

Caratteristiche attuali dei piani di adattamento

Nel testo si osserva che, pur essendo comune l’identificazione dei soggetti a rischio all’interno dei piani di adattamento, raramente si analizza in modo esplicito chi trae vantaggio dalle misure proposte. Solo una percentuale minima di piani subnazionali prevede un coinvolgimento diretto dei gruppi vulnerabili nelle fasi di progettazione e definizione degli interventi, e ancor meno definisce obiettivi esplicitamente orientati alla giustizia climatica. La carenza di dati uniformi e di indicatori mirati, insieme all’assenza di meccanismi finanziari dedicati per garantire un adattamento distribuito in modo equo, limita la capacità di valutare l’efficacia delle politiche e rischia di generare interventi incapaci di raggiungere chi ne avrebbe maggiore necessità o addirittura di accentuare disparità già esistenti.

Proposte operative per un approccio equo

L’EEA avanza raccomandazioni rivolte a più livelli istituzionali. Sul piano europeo si suggerisce di definire indicatori per una resilienza giusta, di prevedere sistemi di monitoraggio in grado di valutare la distribuzione dei benefici e di stanziare finanziamenti dedicati che sostengano interventi mirati ai gruppi più esposti. In vista dell’aggiornamento del Piano di Adattamento Climatico Europeo per il 2026, si invita a inserire criteri di equità in modo strutturale, evitando soluzioni generiche e promuovendo l’adozione di strumenti che consentano di misurare costantemente l’accessibilità e l’efficacia delle misure.

A livello nazionale si indica la necessità di integrare la prospettiva della giustizia sociale nelle politiche di adattamento e in quelle collegate, istituendo sistemi di raccolta dati e monitoraggio continuo per rilevare eventuali disallineamenti tra obiettivi e risultati. Sul piano locale emerge l’importanza di garantire fin dall’inizio processi di consultazione con le comunità marginalizzate, adottando modalità di dialogo capaci di superare barriere linguistiche, culturali o logistiche e progettando soluzioni su misura in base alle specifiche condizioni di vulnerabilità presenti nei contesti urbani e rurali.

Esempi pratici e buone pratiche

Nel rapporto vengono illustrate iniziative avviate in diversi Stati membri, che mostrano come l’inserimento precoce della dimensione sociale favorisca una maggiore accettazione delle misure e migliori l’efficacia complessiva degli interventi. In tali casi, il coinvolgimento diretto ha permesso di identificare esigenze specifiche, di ottimizzare la destinazione delle risorse e di rafforzare la coesione comunitaria.

Queste esperienze confermano che la partecipazione attiva è un elemento decisivo non solo per garantire l’equità, ma anche per costruire percorsi di resilienza più solidi e sostenibili nel tempo.

Importanza di un approccio inclusivo

L’EEA conclude che, senza un orientamento intenzionale verso l’equità e la partecipazione, il rischio è che le politiche di adattamento rimangano inefficaci o producano effetti controproducenti, lasciando le fasce più deboli esposte a danni più gravi. Integrare la prospettiva della giustizia sociale in ogni fase, dalla raccolta dei dati alla definizione delle priorità, dall’implementazione al monitoraggio, è dunque essenziale per sviluppare una strategia di adattamento climatico che non lasci indietro nessuna comunità.

Solo in questo modo l’Europa potrà costruire una rete di protezione collettiva in grado di affrontare le sfide di un clima in rapido cambiamento, assicurando che i benefici delle azioni si distribuiscano in modo equo e rafforzando la coesione sociale su tutto il territorio.

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