“Case green”, EEB evidenzia i punti critici della revisione della proposta di legge

La revisione della direttiva sul rendimento energetico degli edifici (EPBD) sarà votata il 14 marzo dal Parlamento europeo. L’Ufficio europeo dell'ambiente fa il punto della situazione ponendosi la domanda se l’Europa sia davvero pronta a rendere più ecologiche le case, una delle maggiori fonti di emissioni del continente

Dopo il processo di negoziazione e gli emendamenti presentati l’8 marzo, l’Ufficio europeo dell’ambiente (EEB), ha presentato i punti chiave che si aspetta dal voto del prossimo 14 marzo 2023 per la revisione della direttiva sul rendimento energetico degli edifici (EPBD) soprannominato “case green”. Di seguito le riflessioni dell’EEB.

Riduzione dei materiali e dell’impronta di carbonio

Anche prima di accendere la prima luce, un edificio ha già emesso e consumato una quantità enorme di energia, a causa dell’impronta energetica dei materiali utilizzati nella loro produzione ad alta intensità energetica come l’acciaio e il cemento, e della demolizione dispendiosa. In passato, a livello politico, si è fatto poco per ridurre l’uso di energia degli edifici al di là dell’uso quotidiano.

Si prevede che la revisione della direttiva EPBD includa un articolo storico sul carbonio a vita intera che calcoli e fissi gli obiettivi di riduzione delle emissioni di carbonio legate agli edifici durante l’intero ciclo di vita. Ciò includerà anche gli obiettivi di circolarità e sufficienza, che rappresentano segnali promettenti per il futuro settore edilizio europeo. Inoltre, ci saranno oneri ridotti per l’ambiente e un’ondata di innovazioni industriali di materiali a basse emissioni di carbonio, che saranno disponibili sul mercato.

Standard di rendimento più elevati

La nuova revisione della legge non si limiterà a richiedere un miglior uso dell’energia negli edifici, ma imporrà anche standard minimi di rendimento energetico. Attualmente, tre edifici su quattro nell’UE sono considerati inefficienti dal punto di vista energetico, il che ha portato al conflitto energetico tra l’Europa e la Russia e ha aggravato la povertà energetica.

Gli standard minimi supporteranno il rinnovamento energetico degli edifici, concentrando l’attenzione sulle abitazioni con le peggiori prestazioni in ogni Stato membro, al fine di evitare che le pressioni della crisi energetica si ripetano nel prossimo decennio. I nuovi standard saranno applicati agli edifici pubblici e non residenziali più inefficienti dal punto di vista energetico a partire dal 2027 e dal 2030 per quelli residenziali. L’anno scorso, è stato sottolineato come la riduzione della povertà energetica sia una priorità per i governi dell’UE e questi standard di rendimento energetico possono essere un potente strumento per proteggere le famiglie vulnerabili dalle future crisi energetiche.

Lasciati al freddo: il riscaldamento rinnovabile

Nonostante i progressi incoraggianti sui materiali e le ristrutturazioni, l’Europa rimarrà intrappolata nell’era oscura del riscaldamento a combustibili fossili a causa di una lacuna nella direttiva EPBD. Attualmente, il 75% degli edifici in Europa utilizza ancora il riscaldamento a combustibili fossili, costringendo un’ampia fetta della popolazione a dipendere da fonti di energia inquinanti e non sostenibili. Di conseguenza, l’Agenzia Europea per l’Ambiente ha sottolineato l’importanza di eliminare gradualmente i combustibili fossili dal sistema di riscaldamento europeo, poiché rappresenta un imperativo sociale e climatico. Nonostante ciò, in Europa continua ad essere installata una nuova caldaia ogni otto secondi e molti Stati membri continuano a sovvenzionare questa tecnologia costosa e inquinante. La revisione della direttiva EPBD offriva un’opportunità unica per indirizzare l’Europa verso un futuro di sicurezza e indipendenza energetica basato su fonti rinnovabili, ma rimane ancora molto da fare per raggiungere questo obiettivo.

Invece di promuovere l’eliminazione graduale dei combustibili fossili, la direttiva potrebbe invece essere un’ancora di salvezza per l’industria dei combustibili fossili. Ciò è dovuto al fatto che i difensori dell’industria hanno esercitato forti pressioni per escludere le caldaie ibride dall’eliminazione graduale delle caldaie a combustibili fossili entro il 2030. Se la direttiva verrà approvata, queste caldaie permetteranno di continuare a utilizzare in modo dominante i combustibili fossili per riscaldare le nostre case, a patto che vengano miscelati con una piccola percentuale di gas “verdi” come l’idrogeno e i biocarburanti. Tuttavia, sorge la preoccupazione sulla fattibilità e l’accessibilità dei gas “verdi”, e queste caldaie potrebbero distrarre i politici e i consumatori da tecnologie di riscaldamento più mature, efficaci e pulite come le pompe di calore.

Nonostante l’UE abbia adottato una retorica forte sull’abbandono dei combustibili fossili e sulla riduzione della dipendenza energetica, il Parlamento europeo non ha opposto una resistenza decisa a questa scappatoia. Se questa parte della legge sarà approvata, rappresenterà un significativo ostacolo alla transizione del più grande mercato del gas al mondo – ovvero gli edifici dell’UE – verso un utilizzo dell’energia pulito, rinnovabile e sostenibile.